skip to Main Content

Dove e come paga le tasse un italiano residente all’estero?

Continuiamo con l’analisi approfondita del Avv. Bertaggia che con il suo studio di Ferrara collabora attivamente con ACIA – Camera Commercio Italo Albanese.

RESIDENZA ESTERO: LE TASSE.  LA GIURISPRUDENZA

Anche la giurisprudenza di legittimità ha considerato il domicilio come “centro di interessi e di relazioni sociali”, facendo riferimento, talvolta, alla locuzione “centro degli interessi vitali” di cui all’art. 4, comma 2, lettera a), del Modello di convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE , da intendersi come il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento sotto il profilo degli interessi personali e patrimoniali Cfr. Cass., 18 novembre 2011, n. 24246; Id., 15 giugno 2010, n. 14434; Id., SS.UU., 29 novembre 2006, n. 24275; Id., 7 novembre 2001, n. 13803. In ambito comunitario, la giurisprudenza ha individuato — seppur in relazione a contesti specifici — il concetto di “residenza normale” della persona nel luogo in cui il soggetto ha “legami sia personali sia professionali” (Cfr. Corte di Giustizia CE, 12 luglio 2001, C-262/99, Louloudakis). La Corte, esprimendosi in relazione all’interpretazione degli art. 3 e 4 della Direttiva del Consiglio n. 83/182/CEE in materia di franchigia sull’importazione temporanea di autoveicoli, ha esemplificato gli elementi di fatto funzionali alla localizzazione del centro permanente degli interessi di una persona, in particolare la presenza fisica di quest’ultima e dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione; il luogo in cui i figli frequentano effettivamente la scuola; il luogo di esercizio dell’attività professionale; il luogo in cui vi siano interessi patrimoniali; il luogo in cui vi siano interessi amministrativi con le autorità pubbliche ed organismi sociali. V., altresì, Corte di Giustizia CE, 25 febbraio 1999, C-90/97, Robin Swaddling. Secondo la Cassazione (ad oggi maggioritaria), dunque, la nozione di domicilio non si esaurisce nella valutazione degli aspetti patrimoniali e/o professionali, dovendo necessariamente tenere conto anche delle relazioni personali, morali e sociali del contribuente.
Il contribuente, quindi, che trasferisca la residenza fiscale all’estero, sapendo o ipotizzando di dover rendere conto all’Amministrazione finanziaria (nel caso di trasferimento in uno Stato a fiscalità privilegiata con onere probatorio a suo carico, ma anche in caso di accertamento con onere probatorio assolto dall’Amministrazione per contraddire e controbattere tale assunto), dovrà organizzare minuziosamente le proprie attività in modo da comprovare l’effettività del proprio trasferimento di residenza, e quindi svolgere a tale scopo un’opera di precostituzione della prova. Basilare questo compito di costituzione della prova, ogni volta che si parli di residenza estero.

RESIDENZA ESTERO: LE TASSE. DIMOSTRARE LA REALTÀ DEL TRASFERIMENTO ALL’ESTERO

L’amministrazione finanziaria, nonostante la stragrande maggioranza dei trasferimenti di residenza all’estero siano motivati da esigenze concrete di lavoro e non siano per l’effetto fittizie, continua a ritenere che chi si trasferisce all’estero lo faccia soltanto per acquisire un indebito beneficio dal più favorevole regime impositivo dello Stato estero e di sottrarre all’imposizione progressiva in Italia i complessivi redditi ovunque prodotti. Il Ministero delle Finanze, con la Circolare n. 304/E/1997, ha indicato di alcune linee guida per l’attività di controllo nei confronti dei cittadini italiani emigrati all’estero e quindi per l’accertamento dei requisiti per la qualificazione di soggetto “fiscalmente residente” in Italia. Nella circolare sono illustrati i principi generali, in ordine al quadro normativo di riferimento, da valutare al fine di verificare la sussistenza di elementi certi e concreti ai fini dell’accertamento dell’effettiva residenza fiscale in Italia, indipendentemente dalle risultanze anagrafiche. Questa circolare sarà quindi quella su cui baseremo il nostro studio, a cui la persona fisica trasferita all’estero dovrà fare riferimento.

RESIDENZA ALL’ESTERO: LE TASSE. I CONTROLLI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE.

Credete sia possibile trasferirsi all’estero puramente e semplicemente? e dopo l’iscrizione all’AIRE essere sicuri di avere spezzato ogni catena che vi legava all’Italia?: NO.
Infatti nel Decreto Legge 25/06/08 n. 112, all’art. 83, n. 16 e seguenti, si specifica che:
“16. Al fine di assicurare maggiore effettività alla previsione di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, i comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero, confermano all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate competente per l’ultimo domicilio fiscale che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale. Per il triennio successivo alla predetta richiesta di iscrizione la effettività della cessazione della residenza nel territorio nazionale è sottoposta a vigilanza da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, la quale si avvale delle facoltà istruttorie di cui al Titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
17. In fase di prima attuazione delle disposizioni del comma 16, la specifica vigilanza ivi prevista da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate viene esercitata anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto la iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero a far corso dal 1° gennaio 2006. L’attivita’ dei comuni e’ anche in questo caso incentivata con il riconoscimento della quota pari al 33 per cento delle maggiori somme relative ai tributi statali riscosse a titolo definitivo previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 (10).
17-bis. I comuni, fermi restando gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate di cui al comma 16, inviano entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero i dati dei richiedenti alla predetta agenzia al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati; le modalità effettive di comunicazione e i criteri per la formazione delle liste sono disciplinati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione.
17-ter. In fase di prima attuazione delle disposizioni del comma 17-bis, le attività ivi previste da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2010 e ai fini della formazione delle liste selettive si terra’ conto della eventuale mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria di cui agli articoli da 5-quater a 5-octies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 , convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.
In altre parole il Comune presso il quale risiedevate, e dove risiede vostra moglie ed i vostri figli, vi controllerà per cercare di dimostrare che non siete realmente trasferiti all’estero, ma che si tratta di una creazione falsa e di puro artificio, fatta solo per evadere le tasse. Questo per dirvi che il trasferimento di residenza all’estero deve essere reale e non fittizio. I controlli che subirete saranno molto pregnanti, ed una situazione di fatto diversa da quella reale balzerà subito in evidenza, con tutte le conseguenze negative che da ciò discendono.

TRASFERIRSI ALL’ESTERO: ISCRIZIONE ALL’AIRE

Il primo adempimento in materia di residenza estero: le tasse, che colui che si trasferisce all’estero deve fare per ottenere il trasferimento della sua residenza fiscale all’estero è la propria cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente e la relativa iscrizione all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE).
Tale adempimento rappresenta una condizione necessaria per far valere il trasferimento stesso, anche se, non sufficiente, poiché a tale dichiarazione deve corrispondere una situazione reale.
Devono iscriversi all’AIRE i cittadini che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori a 12 mesi; allo stesso obbligo soggiacciono quelli che già vi risiedono, sia perché sono nati all’estero, sia per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo. L’iscrizione all’AIRE viene espletata a seguito di dichiarazione resa direttamente da colui che trasferisce la propria residenza all’estero, presso l’Ufficio consolare competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento della residenza e comporta la contestuale cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente del Comune in cui si risiedeva. Chiaramente andranno forniti documenti probanti l’effettiva residenza nella circoscrizione consolare (es. certificato di residenza rilasciato dall’autorità estera, carta di identità straniera, bollette di utenze, contratto di affitto o rogito di acquisto di un immobile, copia del contratto di lavoro, certificati di iscrizione ad ordini professionali od alle locali Camere di Commercio etc.).
Importante: salvi sempre i ragionamenti sopra effettuati anche a livello di oneri probatori, dal momento dell’iscrizione all’AIRE  i soggetti iscritti in questa Anagrafe dei Residenti Esteri non saranno più tenuti a dichiarare in Italia i redditi prodotti all’estero, in quanto residenti in altri Stati nei quali svolgono con carattere di stabilità la loro attività lavorativa, e dove pagano regolarmente le tasse in base alle leggi fiscali di dette nazioni.
Ripetiamo che il solo fatto dell’iscrizione all’AIRE non è minimamente bastevole per escludere la residenza fiscale in Italia.
Quello che è basilare per affermare e provare di non essere residenti in Italia è quello di elidere ogni e qualsiasi rapporto economico stabile ed affettivo con l’Italia, soprattutto con il coniuge, ivi comprese le relazioni personali, secondo i principi, anche probatori, sovra enucleati.
Ribadiamo l’assoluta necessità, per poter opporre all’Amministrazione Finanziaria Italiana la propria residenza estera, di cancellarsi dall’Anagrafe del Comune nel quale si risiedeva in Italia. Infatti il soggetto che vive, anche realmente, all’estero, senza aver provveduto, anche per mera dimenticanza, alla cancellazione dall’Anagrafe dei residenti, è considerato per presunzione assoluta residente nel nostro Paese.

TRASFERIRSI ESTERO. CREARSI LE PROVE, VERE.

Abbiamo sempre parlato di residenza estero: le tasse. Ma in caso di trasferimento all’estero, come proviamo di essere reali residenti esteri? Dobbiamo evidenziare come per l’Amministrazione Finanziaria ogni trasferimento all’estero di un residente italiano è fondamentalmente falso. Purtroppo in Italia funziona così. Non spetta a noi dire se è giusto o meno, ma è così. Da ciò discende, per il contribuente onesto, la necessità di munirsi di prove documentali, vere ed inoppugnabili, in grado di dimostrare che lui è un reale residente estero.
Prendendo atto di ciò, dovrà quindi, il contribuente accorto, non solo trasferirsi realmente all’estero, e non per puro interesse fiscale (restando in realtà in Italia) ma precostituirsi tutte le prove che potranno servirgli in un eventuale futuro contenzioso fiscale.
Invero infatti, e per rimanere nel tema della prova, il bilanciamento tra interessi economici e/o patrimoniali, da un lato, e interessi personali e familiari, dall’altro, può creare incertezze nella valutazione della localizzazione del domicilio qualora il luogo in cui sono riconoscibili gli uni non coincida perfettamente con quello in cui sono apprezzabili gli altri: residenza estero: le tasse. Ragioniamo con adeguatezza.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria è orientata nel senso di ritenere decisivi — ai fini della localizzazione del domicilio — gli interessi di carattere personale e familiare. Così nell’anzidetto documento di prassi, essa ha affermato che “deve considerarsi fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantenga, nel senso sopra illustrato, il “centro” dei propri interessi familiari e sociali in Italia”
Anche la giurisprudenza di legittimità — rinviando, in taluni casi, alla giurisprudenza comunitaria — si è orientata in tale direzione, determinando una gerarchia tra interessi personali ed economici, con i primi prioritari rispetto ai secondi. Sono queste le presunzioni che un accorto contribuente che si sia trasferito all’estero deve combattere, dimostrando con i fatti di risiedere realmente in uno stato estero.
Non dobbiamo dimenticare infatti che la Corte di Giustizia CE, 12 luglio 2001, C-262/99, Louloudakis, cit.. nell’interpretare l’art. 7, n.1, della Direttiva 83/182/CEE secondo cui “nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente”, ha evidenziato che “qualora una valutazione globale dei legami professionali e personali non sia sufficiente ad individuare il centro permanente degli interessi di una persona, ai fini di tale individuazione occorre dichiarare la preminenza dei legami personali”. In senso conforme, Corte di Giustizia UE, 7 giugno 2007, C-156/04, la quale riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali. Queste sono le sentenze più comuni in tema di residenza estero: le tasse.
La Corte tende ad attribuire rilevanza infatti agli interessi personali del contribuente e, dunque, ad alcuni elementi, evidenziati retro, che sarebbero rivelatori della localizzazione del domicilio in Italia.

RESIDENZA ESTERA: LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE 31.03.15 N. 6501

Fortunatamente però la giurisprudenza comincia ad essere più conforme alla realtà delle cose ed a cambiare orientamento:
La Cassazione civile , 31 marzo 2015, n.6501, sez. trib, afferma che le relazioni affettive e familiari non hanno una assoluta rilevanza prioritaria ai fini probatori della residenza fiscale, venendo in rilievo solo unitamente ad altri probanti criteri che univocamente attestino il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento. E, nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto di attribuire maggiore rilevanza ai rapporti professionali al fine di stabilire il luogo con il quale il contribuente aveva il più stretto collegamento. Ciò che si afferma quindi è il principio che vuole che la localizzazione del domicilio della persona fisica vada individuato ricorrendo ad una valutazione globale che tenga conto del complesso degli affari e degli interessi della persona che intrattenga rapporti in più Paesi. Nell’ambito di tale valutazione, i rapporti affettivi e familiari non assumono una rilevanza prioritaria rispetto a quelli economico-patrimoniali.

RESIDENZA ESTERO: LE TASSE. CREARE DOCUMENTAZIONE PROBATORIA

Bisognerà quindi attivarsi, dicevamo, per la costruzione di un adeguato fascicolo probatorio, da ostendere all’amministrazione finanziaria: tali prove dovranno dimostrare l’effettività del trasferimento, oltre all’interruzione di significativi rapporti con lo Stato italiano. Le prove che il contribuente deve raccogliere saranno esclusivamente di natura documentale. L’amministrazione finanziaria valuterà la posizione del contribuente alla luce delle prove da questo fornite, si tratterà quindi di una valutazione documentale.
In ordine alla prova che il cittadino residente all’estero può fornire, non vi sono limiti imposti dalla norma; opportuno sarà pertanto catalogare in maniera ordinata, possibilmente in ordine cronologico, la maggior massa di documentazione possibile atta a fornire la prova dell’effettività della residenza estera. Infatti, quest’ultima accortezza permetterà il controllo di un requisito fondamentale, quale è quello temporale, per avvalorare la non fittizietà del cambio di residenza.
Ricordiamo che secondo l’amministrazione finanziaria che la residenza non viene meno per assenze più o meno prolungate dovute ad esigenze di vita, studio, lavoro, etc. in pratica, la determinazione del domicilio va dunque desunta alla stregua di tutti gli elementi di fatto che, direttamente o indirettamente, dimostrano la presenza nel luogo di residenza estera prescelto di tale complesso di rapporti e il carattere principale che esso ha nella vita della persona.
Bisogna fare particolare attenzione a questo fatto: infatti l’Amministrazione Finanziaria tende a sostenere, fra le tante, che, ad esempio nel caso di un soggetto iscritto all’AIRE ed esercente attività di lavoro autonomo all’estero, la residenza fiscale in Italia si concretizza qualora “la famiglia dell’interessato abbia mantenuto la dimora in Italia durante l’attività lavorativa all’estero” o, comunque, nel caso in cui “emergano atti o fatti tali da indurre a ritenere che il soggetto ha quivi mantenuto il centro dei suoi affari ed interessi“.
Devono, secondo questa interpretazione (che ammette peraltro la prova contraria-anche conformemente alla Cassazione-come abbiamo visto) essere considerati fiscalmente residenti in Italia i soggetti che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantengano, il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia. Da rammentare, sempre in tema di residenza estero: le tasse, che tutti e tre i requisiti ex articolo 2, comma 2, del Tuir devono risultare combinati con l’elemento temporale che è integrato dal perdurare delle situazioni giuridiche “per la maggior parte del periodo d’imposta”.
Ribadiamo anche che, ai fini della verifica della permanenza all’estero, deve essere effettuato il computo tenendo presente il numero di giorni di presenza fisica, anche non continuativi.

TRASFERIMENTO AL’ESTERO, LE PROVE, ESEMPI:

Come dicevamo, non esiste un elenco di atti o di fatti normato, da contrapporre alla P. A. talchè utili indicazioni possono desumersi dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria in ambito di residenza estero: le tasse. Secondo quest’ultima, il contribuente dovrà essere in grado (nel caso non improbabile di verifica) di dimostrare documentalmente (e non per testi) di non intrattenere più rapporti di particolare rilievo con lo Stato italiano, potendo raggiungere tale dimostrazione attraverso qualsiasi mezzo che sia in grado di provare:
— la sussistenza della dimora abituale nel Paese estero, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;
— l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del paese estero;
— lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso paese estero, ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
— la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel paese di immigrazione;
— fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel paese estero;
— la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel paese estero e da e per l’Italia;
— l’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del paese d’immigrazione;
— l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, ecc.;
— la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.
La sussistenza della dimora abituale nel Paese estero.
In definitiva, secondo la prassi interpretativa delle Autorità deputate al controllo, per dimostrare che si è effettivamente interrotto ogni rapporto con l’Italia, bisogna provare (documentalmente-non lo si scordi mai) di avere interrotto ogni legame con lo Stato italiano e con il territorio controllato dallo stesso, nonchè la contestuale evidenza di una reale e duratura localizzazione all’estero. Come abbiamo visto, però, la Suprema Corte ha ragionato (sperando che tale giurisprudenza si consolidi), nella sentenza n. 6501, circoscrivendo invece l’onere della prova che deve fornire il contribuente per vincere la presunzione di residenza.
Così, per la Corte, è sufficiente che il contribuente dimostri di risiedere effettivamente in una giurisdizione estera. In definitiva, la prova di non residenza in Italia si esaurisce nella dimostrazione della residenza nel Paese estero.
Occorrerà però, prudenzialmente,  dimostrare anche la prova relativa all’inesistenza od irrilevanza di rapporti giuridici o personali con l’Italia, quindi la mancanza ivi di duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico e sociale, culturale e ricreativo. Quindi ai fini della compliance e della precostituzione della prova in caso di trasferimento della residenza fiscale all’estero è necessaria la cessazione ogni rapporto economico-familiare con l’Italia, qualora continuino a sussistere in maniera attenuata, provvedere a renderli quanto più possibile meno apparenti.
In definitiva per concludere il discorso: residenza estero: le tasse, da un lato dovrà essere fornita dal contribuente la totale ed esaustiva dimostrazione della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano, dall’altro dovrà essere fornita, dal trasferito all’estero,  la contestuale controprova di una reale e duratura localizzazione nel Paese estero.
La valutazione che, secondo la prassi degli Uffici, verrà fatta, in caso di controllo, sarà quello di valutare se prevalgono gli elementi di collegamento con lo Stato estero nel quale si risiede, oppure se, al contrario, prevalgono gli elementi di collegamento con l’Italia.
Conseguentemente in caso di domanda: residenza estero, le tasse? la risposta è quella di fare tutto realmente e non elusivamente, inoltre, di basilare importanza è elidere ogni tipo di rapporto con l’Italia, sia materiale che personale.

RESIDENZA ALL’ESTERO: FARLO IN MODO LEGALMENTE CORRETTO

Ricordiamo che il trasferimento di residenza all’estero effettuato in modo fittizio ed effettuato all’unico fine di non corrispondere le imposte, costituisce una delle principali tipologie di evasione fiscale internazionale: da ciò discende che, al fine di evitare severe problematiche,  è opportuno comportarsi come sopra evidenziato, cercando di precostituire tutto ciò che, documentalmente, comprovi il vostro trasferimento all’estero, e soprattutto evitando trasferimenti solo “sulla carta”, destinati ad essere scoperti in breve tempo.
Nel caso in cui stiate meditando, per i più svariati motivi, di trasferirvi all’estero, affidatevi a dei professionisti nel settore (Avvocati o Commercialisti con specifica preparazione internazionale) per effettuare il trasferimento della residenza: diversamente la domanda, residenza estero: le tasse? Diventerà un problema che si risolverà a vostro danno con estenuanti vicende processuali, e pesanti sanzioni fiscali, in Italia. Se tale consiglio è valido per tutti, lo è ancora di più per quei soggetti che si vogliono trasferire all’estero ed hanno una ditta od una partita iva tuttora aperta. Per loro tutto diventa più difficile, sino all’impossibilità, se non si rivolgono ad un valido professionista del settore. Autore: Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo -RESIDENZA ESTERO: LE TASSE-, in www.avvocatobertaggia.com/blog

INFO LINE TRASFERIMENTO RESIDENZA ALL’ESTERO: +390532240071

This Post Has 2 Comments
  1. Wow, wonderful blog format! How lengthy have you ever been blogging for?
    you made blogging glance easy. The whole look of your site is excellent, let alone the content material!
    You can see similar here sklep internetowy

Leave a Reply

Your email address will not be published.

thirteen − 8 =

Back To Top
Open chat
Assistenza
Ciao, grazie per averci contattato. Come possiamo aiutarti ?